09 febbraio, 2007

Senza immagini

Da troppo tempo, rimando la stesura di questo post. Troppo. Credo. Non lo so. Non ho un buon rapporto, col tempo. Mi sfugge sempre. Tra le mani. E non solo. Anche nella mente. Tra le mani e nella mente. E dunque tra e nella vita. Non riesco proprio a gestirlo, né a controllarlo. Troppo tempo. Ma quanto, effettivamente? Mi dico sempre: “ok, tra 5 minuti lo faccio”. E ancora mi dico: “domani lo faccio senz’altro”. E passano i 5 minuti e passano i domani. E ancora non l’ho fatto. E passano i giorni. E io non me ne rendo conto. E, quando arriva il momento, per me è come se effettivamente fossero trascorsi solo 5 minuti o solo un giorno. Ma così non è. E dunque, magari, quello che dovevo fare e che poi ho fatto non so più quando, magari risulta inutile. Perché il tempo trascorre. Inesorabile. E io non me ne rendo conto. Sempre. Mai. Visto? Sempre e mai. Due locuzioni temporali completamente opposte. Ma per me completamente indifferenti. Tanto, tutt’e due non esistono. Non in questo mondo.
Ho cercato delle ottimali ed ideali condizioni fisiche e mentali, prima di scrivere questo post. Ma le condizioni fisiche non sono arrivate e non arrivano. E quindi niente condizione fisica ideale. E la condizione mentale… Beh, quella ormai so che non arriverà mai. Troppi pensieri. Troppe idee. Troppe ricerche. Impossibile, mettere ordine definitivo. È un turbinio di pensieri vorticosi e in continuo movimento vitale. Per fortuna. Sostengo sempre di essere vivo perché penso. Niente pensieri, niente vita. Probabilmente chi non pensa riesce a gestire un’esistenza più ordinaria, ordinata e tranquilla… Ma a me non importa esistere. Io voglio vivere. E la mia mente dunque non sarà mai tranquilla. Ma ci sono momenti in cui è più facile inserire nuovi pensieri e nuove sensazioni. Adoro le tigri. La mia mente è come una tigre. Libera, vive. Legata, esiste. Libera, vive. Legata, è morta. Per questo, non sarò mai un buon lavoratore o un buon amico o un buon chissacchè. Non lo sarò mai perché non mi piace sottomettermi a regole ferree e perché non mi piace dire ciò che ci si aspetta di sentirsi dire. Devo correre. Devo farmi domande. Devo darmi risposte. Il viaggio è lungo. Non posso sprecare vite stando fermo. E incatenato. Non posso.
Ma ogni tanto mi soffermo, anche se non mi fermo. Quando ho scritto l’ultima volta? Il 5 gennaio. Oggi è il 9 febbraio. Dal 5 al 9… 7x4= 28. Più 4 uguale 32. 6x6= 36. Meno 14 uguale 22… No. Non riesco a fare i conti di quanti giorni sono trascorsi dall’ultimo post. Tra due giorni invece il mio blog compirà un anno. Questo calcolo è facile. 11 febbraio. Mi sono soffermato. Ad ascoltare. Lontano dal mondo di internet. Che troppo tempo della mia giornata cominciava ad occupare. E sono fuggito. Ho cominciato a sentirlo come una sorta di legame. E come con ogni sorta di legame… allora sono fuggito. Fuggo via da tutto ciò che anche solo all’apparenza è una sorta di legame. “Che fine hai fatto? Sei indaffaratissimo o semplicemente hai saggiamente deciso di stare di più nella vita reale, anzichè in quella virtuale? Beh, buon per te se hai preso la decisione migliore. Però si può vivere in entrambe benissimo, eh eh!”. Non si offenderà l’Amazzone se pubblico uno stralcio della sua ultima e-mail. Ma la sua perspicacia e il suo intuito mi hanno colpito a tal punto da voler rendere pubblico il mio stupore e la mia ammirazione nei suoi confronti. Hai ragione, Artemisia. Si può fare. Ma col giusto equilibrio. Che io avevo perso. E che dunque avevo bisogno di ritrovare.
Ho ascoltato. Ed è successo un po’ di tutto in questi non so quanti giorni ma so che è più di un mese. Vicini che ammazzano vicini, ancora atti di pedofilia, il Cdm ha varato la legge sui Pacs, il Grande Fratello è ripartito, gli ospedali fanno sempre schifo, in Libano è sempre il caos… e a Catania un poliziotto è morto. E qui mi soffermo. E qui userò parole dure. Durissime. Esprimerò la mia opinione. Forte. E allora. Punto primo. E forse il più duro. Non voglio giustificare i tifosi. Molte volte sono stato allo stadio di Palermo, prima di trasferirmi qui a Torino. Ometto di parlare delle provocazioni da parte delle forze dell’ordine prima di certe partite. E delle intenzioni belligeranti e bellicose di certi tifosi. Ometto questo. Ma la mia affermazione è: un poliziotto può, sì, morire allo stadio. Un poliziotto può morire allo stadio, per strada, davanti una banca, al supermercato o in guerra. Proprio perché è un poliziotto. Può morire contro una o contro mille persone. Colpito da un pugno o da un bazooka. Proprio perchè è un poliziotto! La divisa che porta indosso, la vita che ha scelto di vivere, il giuramento che ha prestato e le regole morali a cui è costretto, fanno sì che questo possa accadere. Perché è un poliziotto. E nessuno obbliga nessuno a scegliere questa professione. Nemmeno la vita. Forse la vita ti può obbligare a rubare. Ma non a fare il poliziotto. Mi spiace per chi mi sta reputando un folle o un incosciente o un testa di cazzo. Ma così la penso. Al di là di Catania. E, al di là di Catania, mi chiedo ancora perché la morte di un poliziotto crei tanto fragore mentre quella di un tifoso no. Se di morte parliamo, se di vite umane parliamo… perché allora distinguere tra poliziotto e tifoso? Non tutti i poliziotti sono brave persone. E non tutti i tifosi sono cattive persone. Anche i poliziotti si fanno corrompere o rubano o uccidono. Anche i tifosi portano i propri figli allo stadio. La morte non fa distinzioni tra razze sociali, colore della pelle e professioni. Noi umani invece continuiamo a fare distinzioni. In vita e in morte. Un poliziotto ucciso allo stadio fa più fragore di un prete ucciso mentre dice la messa. Perché? E ancora: perché in favore della vedova Raciti & figli si stanno facendo varie e diverse sottoscrizioni e raccolte di fondi? Perché questa “fortuna”? Perché, la vedova Raciti diventerà milionaria, insieme ad altre poche fortunate vedove tipo quelle dei carabinieri di Nassirya? Perché?? A discapito e a dispetto dei poliziotti e dei carabinieri che invece sono morti in maniera meno fragorosa e appariscente? Ma magari più cruenta? Perché? E a dispetto delle vedove di gente comune! Come i lavoratori. Quelli “normali”, quelli senza divisa. Quelli che cadono dal decimo piano o che vengono stritolati da una macchina o che subiscono degli incidenti mortali. Senza colpi di spranga o di bazooka. Ma… perché continuare e continuare e continuare a distinguere e a distinguerci? Perché, un poliziotto deve valere più di un tifoso? Perché, un architetto deve valere più di un autista? Perché, un impiegato deve valere più di un muratore?... Che non me ne abbia a male, vedova Raciti. Che non me ne abbiate a male, lettori. Ma non sono d’accordo. Per niente.
Da troppo tempo, rimandavo la stesura di questo post. E forse sarebbe stato meglio continuare a rimandare. Magari tra qualche giorno avrei sputato meno veleno. E avrei ricevuto qualche parolaccia in meno. Pazienza. Così la penso. E così scrivo. Così sono fatto. Mi sono posto una domanda. E mi sono dato una risposta.

8 Comments:

Blogger Sergio Algozzino said...

ebbè, siamo d'accordo.... ma noi siamo il paese dei telefilm e dei film su polizia e carabinieri, il motivo è questo, pare na cazzata, ma si è creato un mito incrollabile, uccidere come un poliziotto sarebbe cone uccidere un papa, mentre la morte di altri viene assolutamente ignorata, con tutto il rispetto...

09 febbraio, 2007 10:57  
Anonymous Anonimo said...

Bentornato tesoro, ci sei mancato. Ti chiedo scusa qui per non averti più chiamato, gli ultimi mesi sono stati davvero volati, come dici anche tu. Spero che anche se la forma fisica e mentale, se non ci sono ancora come le vuoi, arrivino presto. E ovviamente, appena avrò una giusta ispirazione, ti chiamerò per una lunghissima chiacchierata al telefono!! :)
Un bacio!

10 febbraio, 2007 21:48  
Anonymous Anonimo said...

Corre, la tua mente, corre. E tu sei fatto così. Anche se senti che la testa scoppia e non riesci a stare dietro a tutto, tu corri, perchè ti piace il totem della tigre, o forse, molto probabilmente, quello che tu, su questo animale, hai riflesso, dei tuoi pensieri.
Beh, vedi, esistono molti saggi che asseriscono quello che io credo, quindi non avercela solo con me: la mente è uno strumento dell'anima e dello spirito. Non è il Conduttore di tutto.
Inoltre, dici di pensare, pensare sempre. Questo implica non soffermarsi soltanto nel presente, ma anche nel passato e nel futuro, due condizioni che conosciamo fin troppo bene, ma che sono innaturali. E' nel Presente che viviamo. Non nel passato e tanto meno nel futuro. Ma chissà perchè, passiamo il tempo a saltare il tempo... e poi ci ritroviamo ad averne perso un sacco, quando per noi "sono passati solo 5 minuti". E ci stupiamo pure.
Dunque sì, qui noto una grandissima perdita di tempo, ma se sta bene a te, sta bene a tutti.
Che dire poi delle tue idee in merito a Filippo Raciti. Io di certo non ci penserei mai (se non in una situazione di guerra) a imbraccare un fucile e andare a Nassirya, nè mi imbarcherei in esperienze come quelle di Raciti (che poi, siamo proprio sicuri che volesse avere quel ruolo, all'interno dell'Arma?!). Eppure sono scelte, e scelte forse prese più come offerte di lavoro, che come analisi del pericolo.
Ma quello che è successo a Raciti, tutte le luci della ribalta che si sono accese su di lui e la sua famiglia, se non l'hai capito, altro è che un voler sensibilizzare chi di dovere alle norme e regole che vanno fatte negli stadi. Certamente si arriverà a ben poche soluzioni, perchè l'Italia è fatta così, nelle "alti" sedi si ragiona con il bastone e la carota. Ma qualcosa è già stato fatto: la lista pubblica degli stadi che non sono a norma e alcuni lavori di completamente della sicurezza sono già partiti.
Dunque non si tratta di arricchire una vedova che, lasciamelo dire, non ha nessuna colpa di aver avuto un marito con questo lavoro (per non parlare dei figli, che sono innocenti completamente), ma semplicemente di commuovere la pubblica opinione affinchè qualcosa di concreto venga fatto, per loro, ma soprattutto nel mondo calcistico.
E poi cos'è questo aberrante disgusto per una vedova e dei figli che possono avere tra le mani un gruzzolo per il futuro? Ma stiamo scherzando?! Ci lamentiamo della gente che muore di fame, delle donne povere con figli da crescere, delle ingiustizie in generale e poi diciamo, con la faccia che indossa sempre una maschera diversa:
"Tu puoi fare la differenza, se lo vuoi", oppure "Anche una sola vita migliorata e/o salvata è un grandissimo gesto" e poi vieni a scrivere che è uno schifo?!
Spero tu sia semplicemente confuso, sinceramente.
La vedova Raciti non avrebbe mai voluto che suo marito morisse. Nè poteva cambiarlo. Se lui voleva quel lavoro, lei, come moglie, amante o semplice essere umano doveva rispettarlo, non pensare a cambiarlo. Così ha fatto. Ma la morte è un peso troppo grande, e non considerarla mai, mai una privilegiata perchè la morte del marito le ha portato del denaro, perchè quello che lei ha perso è TANTO. E nessuno glielo restituirà più.
Ovviamente, sei abbastanza intelligente da capire che non accenno all'interessamento mediatico e politico sulla vicenda, perchè è implicito che dietro ci siano sempre mani viscide, che si votano al denaro e alla pubblicità.
Ma secondo me, stavolta, i mass media hanno fatto un buon lavoro. A qualcosa è servito e servirà. Poco forse, e forse anche "solo per una donna e due figli".
Ma è sempre meglio qualcosa, del nulla che sembri quasi bramare.

13 febbraio, 2007 09:50  
Blogger Millecanali said...

Acc…! Più che un commento, il tuo è un post nel post, cara Artemisia. ;o) Beh, ero consapevole e cosciente che le mie parole avrebbero potuto creare fraintesi e fraintendimenti. In maniera assoluta non ce l’ho (né provo disgusto) verso l’ispettore Raciti o per la moglie vedova o per i suoi figli. Semplicemente quello che contesto è la spettacolarizzazione della morte di un uomo. Morto mentre lavorava. Ho cercato e trovato i dati dell’Inail riguardanti le “morti bianche”: morti sul lavoro. Nel 2006 sono stati 1250. Milleduecentocinquanta!!! E quasi un milione sono stati gli infortunati sul lavoro. Per quanti di questi, sono state organizzate raccolte e borse studio per i figli? Un paio di giorni dopo la morte di Raciti, una guardia giurata è morta durante una rapina. Sai come si chiamava? Io no. La notizia è stata accennata e subito archiviata. Senza raccolte fondi e senza borse studio per i figli. Il mio disgusto non va nei confronti dell’intera famiglia Raciti, cara Artemisia. Il mio FORTE disgusto va verso il diseguale trattamento riservato a persone che DOVREMMO essere tutte uguali e che invece la società (e i mass media) diversificano e classificano. Tanto la famiglia delle guardia giurata quanto quella dell’ispettore Raciti avrebbero meritato lo stesso trattamento. Nemmeno io avrei voluto che la madre di mia Figlia morisse. Eppure così è stato. E nessuno ha dato niente a mia Figlia. Troppe disuguaglianze, cara Artemisia, troppe. Questo, crea in me rabbia e disgusto. Non la violenza negli stadi, né gli assalti ai portavalori, né un’impalcatura mal assemblata. E adesso spero di essere stato più chiaro nella spiegazione delle mie idee…
Un’altra cosa. È vero: è nel presente, che viviamo. Ma passo gran parte del mio tempo nel passato. Sarà perchè questo presente non mi soddisfa né mi piace… Ma questo è un altro discorso. Che il tuo intuito (che comincia a farmi un po’ paura! eheheh) è ancora una volta andato a centrare.
Non bramo il nulla. Vorrei solo più equità. E magari un po’ di felicità. Ma questo è un altro discorso…

13 febbraio, 2007 13:28  
Anonymous Anonimo said...

Sulla questione della disuguaglianza siamo assolutamente d'accordo. E' giusto mettere i punti sulle "i", certamente, anche se nè col mio blog, nè col tuo, temo riusciremmo a fare molto in questo senso. Potremo sensibilizzare chi passa a leggere le nostre elucubrazioni mentali, faremo un minimo di sensibilizzazione a questi fatti, ma non siamo i mass-media, putroppo.
Resto comunque dell'idea che se almeno la famiglia Raciti avrà qualche certezza economica in più, io sono contenta. Non hanno chiesto loro di diventare così e certamente non lo avrebbero voluto.
Quanto al fatto che pensi troppo al passato, comprendo la tua motivazione. Però temo che ti devi sforzare di agire e pensare al presente soprattutto per la figlia che hai al presente e che ha bisogno di un padre completamente immerso nel presente, che sappia confrontarsi con esso e soprattutto con lei, che ci sia in ogni attimo, per lei, con la mente e con il cuore.
Anche io, delle volte, mi crogiolo in un passato che amavo tanto. E' come una dolce cura, ti capisco, credimi. E nulla ti vieta di addentrarti in quell'Eden in certi momenti. Però è nostro dovere, poichè siamo vivi, di esserci al presente e soprattutto lottare per starci bene. E far star bene chi amiamo.
E' una vera lotta, lo so, ma la soddisfazione di farcela porta alla felicità. Che non ti viene mai regalata da nessuno, se non da chi ti ama davvero e, ovviamente, da te stesso, e dai tuoi sforzi per raggiungerla.

13 febbraio, 2007 13:59  
Anonymous Anonimo said...

finalmente sei tornato!....ho letto attentamente il tuo post e mi sembra una riflessione più che sensata, ma non commento altro perchè ripeterei semplicemente le tue stesse parole o quelle dei commenti precedenti.
saluti!!

19 febbraio, 2007 11:52  
Blogger Unknown said...

Ciao Davide, son sempre lo stesso, nonostante il taglio di capelli e il trasferimento a Roma, anche se devo dire che i primi giorni sono stati un po'... destabilizzanti.
E i vaffanculo continuano a volare, specie dopo quello che è successo oggi pomeriggio (tragedia annunciata?), e si velano anche di sfumature teologiche...
Comunque, massimo rispetto per ogni poliziotto caduto nell'adempimento del dovere, ma ricordiamoci sempre che a causa della arroganza di molti padroni ed industriali ogni giorno decine di persone muoiono sul lavoro, in maniera che spesso sfiora il banale e l'assurdo. Ci si ricordi anche di loro!

21 febbraio, 2007 20:32  
Anonymous Anonimo said...

un salutino...ti ringrazio per l'ultimo commento che hai lasciato nel mio blog, è stato davvero gradito.
Sono felice di avere il sostegno di così tante persone, che il pagare il mutuo x non so quanti anni, mi sembra una cosa + leggera :-)
Il negozio aprirà non appena concluse le pratiche notarili, ci vorrano una ventina di giorni.
Purtroppo però, eh, stranamente per ora, le persone a cui l'ho detto e che non avrei immaginato, mi hanno sostenuta, mentre alcune persone che pesavo avrebbero fatto i salti di gioia, mi hanno riversato addosso un bel po' di rabbia.
Ma come mi hai detto anche tu, cerco di lasciarmi scivolare addosso le critiche, in questo caso soltanto eh, perchè stavolta c'è davvero in ballo il mio futuro ed è troppo troppo importante! Grazie ancora, un bacio

25 febbraio, 2007 17:58  

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