26 agosto, 2008

Play. And repeat.


Ci sono canzoni che sentiresti all’infinito. Finiscono e ti dici: “però, poteva durare un po’ di più!”. E allora nuovamente play. E ancora play e poi di nuovo play. Finch
è ti ricordi che esiste la funzione “ripeti”. Poi qualcos’altro cattura la tua attenzione o qualche impegno ti costringe ad allontanarti dal riproduttore. E allora continui a canticchiarla nella tua mente. Mettendo play e ancora play. Ci sono canzoni che sono proprio così. Mi innamorai di “No Surprises” dei Radiohead in quell’estate del 1997. Quell’estate quando una ragazza bionda… ricordo perfettamente il suo nome, si chiamava Debora… staccò il mio disco dei Doors… il best dei Doors… per introdurre una cassettina nello stereo. Copertina strana. Quella della cassettina. Lato B, se non ricordo male. La terza canzone, forse. O giù di lì. La cercò fino a trovarla. “Senti questa”, mi disse. E mise play. Un play che da allora, da quell’estate del 1997, gira e rigira in modalità “ripeti”. La notte trascorse piacevolmente. Accompagnati nelle nostre movenze dai ritmi di “Ok Computer”. Non c’è bisogno che sia io a dire che questo disco è un capolavoro. È un capolavoro. Lo dico. Amo “No Surprises”. Mi manda in estasi. Non per il ricordo di quella sera. Non perché andò a sostituire, per una sera, i Doors. Mi manda in estasi perché è così. Provate a premere play sul riproduttore in alto a destra. Quello nero. Chissà. Potreste innamorarvi.

Le ferie sono andate. Ferie veloci. Rapide. Otto giorni a luglio. Otto giorni di mare. Il mio mare. Prima di tornare alle piogge torinesi di agosto. Ho guardato le foto che abbiamo scattato. Ho notato con piacere che il mio fisico si è un po’ asciugato, rispetto all’estate scorsa. Non mi guardo mai allo specchio. Cioè, mi guardo, ma non mi guardo. Ecco. E noto quanto allunghino i miei capelli o quanto e come cambi il mio corpo solo attraverso foto e filmati. Forse dovrei guardarmi un po’ di più. Ma preferisco parlarmi, piuttosto che guardarmi. Sono fatto così. Lo so, queste foto sono orrende. Ma sono allegre. Poi ne posterò di più belle. Più "in posa".

Il trasloco è ultimato e completato. Forse ha contribuito anche questo, ad asciugare e snellire il mio fisico. Jim ha trovato posto anche in questa casa. Mi trovo bene. I vicini sono tranquilli. E si fanno i fatti loro. Non vivono dietro lo spioncino della porta. Non sanno quando esco di casa con la sigaretta in bocca. In casa sto completando gli ultimi dettagli. Particolari. Scusate la pausa. Ho riempito un bicchiere di vino. Cioè, il bicchiere è di quelli che si mettono a tavola per berci l’acqua. Ma io l’ho riempito di vino. Stasera mi sento ispirato. Stasera mi piace scrivere. Scrivo questo post e poi scriverò qualcos’altro. Scrivo con piacere.

Mancano due giorni. Solo due giorni. Che si sommano a tanti altri giorni, certo. Migliaia di giorni. Che quindi fanno anni, come somma. Solo due giorni e la Piccola Millefate tornerà a vivere con me. E io tornerò a fare il papà a tutti gli effetti. A tempo pieno. Due gio
rni e Millefate sarà qui con me. Vivrà con me. Andrà a scuola qui. Faremo i compiti insieme. Usciremo insieme. Le darò il bacio della buonanotte, e non solo la buonanotte. La buonanotte telefonica che ancora stanotte ci daremo. Millefate sarà qui con mia mamma. Fino al 10 settembre. Poi saremo solo noi. Solo noi, già. La mamma-nonna tornerà giù a Palermo. E nel dolore. Già. Perché da ben oltre 30 anni insinuo, affermo, ammetto, aggredisco e urlo che la vita è una gran bastarda. E se quindi da una parte ti dà la gioia e la vita, dall’altra ti trafigge il cuore. Non esistono felicità complete e assolute. C’è sempre il fatidico rovescio della medaglia. O semplicemente il prezzo da pagare. Per la felicità. Gioisco, salto e ballo. Ma piango, cado e mi disintegro, pensando al dolore del distacco e della lontananza che vivranno una mamma-nonna, un nonno e uno zio. Che finora hanno vissuto con la Piccola. Sento il loro dolore, vivo il loro dolore, mi sento causa del loro dolore. Mancano due giorni. Vita e morte vivranno e moriranno insieme. Come testa e croce di una stessa moneta.

Giusy Ferreri è il fenomeno casereccio musicale di quest’estate. Mai vista una puntata di X-Factor. Mai visto il presunto video porno-casereccio della nostra casereccia. Carina, la canzone. Ma ho capito perché in alcuni passaggi risulta essere incomprensibile. C’è lo zampino di Tiziano Ferro. Come autore e produttore. Ecco perché ogni tanto non si capisce niente. Se devo invece fare dei nomi che davvero hanno attratto i miei gusti e le mie preferenze, allora dico: Duffy, Sam Sparro, Bonnie Prince Billy. Deludenti, oltre il bel singolo, i Cinema Bizarre. Da ascoltare più volte, per gradirli, i Coldplay. Sempre sorprendente è invece Jovanotti: cresce, matura, si evolve. E poi i Sigur Ros. Che meraviglia. Scriverò di loro. Scriverò, già. Molto più frequentemente di quanto non abbia fatto finora. Molto più brevemente. Molto più intensamente. Molto più serenamente. Mancano solo due giorni.