Metti che... Scamarcio venga aggredito
Metti che apri il giornale e trovi un trafiletto che recita: “Questa sera alle ore 21,00 al cinema Arlecchino il regista Daniele Luchetti con agli attori Riccardo Scamarcio e Elio Germano saluteranno il pubblico in sala.”
Metti che tu abbia una Figlia di 10 anni che impazzisce per Riccardo Scamarcio. Da oggi chiamerò mia Figlia “Millefate”. È stata dura, ma alla fine abbiamo trovato un bel nick con la quale identificarla… Dunque, come potevo non cogliere l’occasione per far “incontrare” Millefate con Riccardo Scamarcio? Magari ci poteva scappare una foto o un autografo o niente di tutto ciò, ma comunque l’avrebbe visto “dal vivo”…
Metti che, dopo oltre un’ora e mezza di attesa siamo riusciti a comprare i biglietti per lo spettacolo unico che il cinema proponeva.
Metti che, tornati a casa per “rifocillarci”, dopo un’oretta siamo scesi nuovamente per tornare al cinema in modo da essere tra i primi ad entrare e per poter magari sederci nelle prime file, in modo da vedere più da vicino Scamarcio.
Metti che, attaccati al cordone d’ingresso, la gente arrivava sempre più numerosa, cominciando a spingere da dietro. Creando difficoltà agli addetti della sicurezza. E creando difficoltà ad un padre che voleva sì far vedere Scamarcio a sua Figlia, ma che non voleva certo che questa si facesse male!
Metti che improvvisamente decidono di far entrare e la gente (le ragazzine, sarebbe meglio dire) si fiondino come schegge impazzite all’interno della sala cinematografica. Perdo di vista Millefate, che era già al di là del cordone. Entro spingendo e spintonando, con gli occhi impazziti alla ricerca della mia Cucciola. Non la vedo. Un ragazzo richiama la mia attenzione. È il nipote dei proprietari del cinema, con cui avevo scambiato qualche parole durante l’attesa. Ha fatto sedere Millefate nel posto migliore, e tiene occupato un posto anche per me. Bene. Tutto sembra procedere bene, nonostante qualche apprensione. Siamo seduti a solo mezzo metro da dove Riccardo Scamarcio si posizionerà per colloquiare col pubblico. La Piccola è evidentemente contenta ed entusiasta. Si avvicina il momento in cui vedrà molto da vicino uno dei suoi idoli maschili.
Metti che mi guardi intorno. E quello che vedo sono ragazzine vestite come se dovessero andare a cena con Scamarcio. Ragazzine che si truccano, si guardano negli specchietti, tengono i telefonini pronti a scattare foto. Anch’io. Non mi trucco. Ma finalmente mi sento una persona e non più un attaccapanni con le gambe. Ho potuto poggiare su un seggiolino le nostre giacchette e lo zainetto. Millefate tiene in mano un poster ed un pennarello. Nella speranza di un autografo. Io mi sono armato di videocamera e fotocamera. Per non perdere nemmeno un istante. Nemmeno un istante di mia Figlia, se dovesse riuscire ad avvicinarsi. Farle una foto con Scamarcio. Questo, ora voglio.
Metti che l’attesa aumenti. Le urla pure. I minuti passano e sembra che ormai tutte abbiano trovato una collocazione all’interno del cinema. Chi più vicino, chi più lontano… Intanto, una sola canzone risuona all’interno della sala: Ma che freddo fa di Nada. Non nella versione originale, ma in quella rifatta nel 1998 col “Nada trio”: Nada, per l’appunto, Fausto Mesolella alla chitarra e Ferruccio Spinetti della "Piccola Orchestra Avion Travel" al contrabbasso. Una bellissima reinterpretazione. Ma sentirla 10, 20, 30 volte consecutive comincia a stancarmi… Per fortuna, sedute accanto a me due ragazze (non ragazzine) decisamente più pacate rispetto al resto della folla. Non urlano. Aspettano sì Scamarcio, ma con compostezza. Con impazienza sì, ma anche con intelligenza. Scambio qualche parola con loro. Scherziamo. Bene anche questo. Intanto la Cucciola comincia a mangiucchiarsi le unghie. È normale. È naturale. Sono contento.
Metti che finalmente arrivi Scamarcio. E, illuminato da un occhio di bue, faccia il suo trionfale ingresso. Che poi, non è arrivato solo Scamarcio, ma anche Luchetti e Germano. Ma non li caga nessuno. È arrivato Scamarcio e basta. Delirio. Urla. Trionfo. Movimento. Corsa. Assalto. Fiume umano. Fiume urlante. Fiume schiacciante. Tutte in piedi. Tutte verso Scamarcio. Tutte di corsa. Tutte pressano. Tutte spingono. Verso Scamarcio. Nessuna è più seduta. Scamarcio viene chiuso in un angolo. Chiede di stare calme. Calme. Piano. Qualcuno, impugnato il microfono, invita alla calma. A tornare ai propri posti. Perdo di vista mia Figlia, gettatasi nell’onda umana che punta dritto verso Scamarcio. È buio intorno a me. O forse non è buio. Ma l’occhio di bue crea quest’effetto. Vedo solo una luce bianca. La faccia di Scamarcio disgustata. Ecco la Piccola. La proteggo. Ho una fila di seggiolini tra me e Lei. Non so quale istinto non mi fa spegnere la videocamera. Forse perché voglio riprendere per lei il suo attore preferito. La mano sinistra continua ad impugnarla. La videocamera. La mano destra si aggiunge a quella dei bodyguard. Faccio cordone. Non per proteggere Scamarcio, ma per proteggere il sangue del mio sangue. La mia vita. Non posso permettere che si faccia male. Mai. Non se ci sono io.
Metti che intanto Scamarcio si arrampichi su quello che sembra un piccolo palco davanti allo schermo. Non è un palco. Avevano detto che non era agibile. Ma chi glielo dice a Scamarcio? Chi ha piacere e voglia di buttarlo nelle grinfie di queste ragazzine agguerrite e disposte a tutto pur di toccarlo?? Nessuno gli dice niente, infatti. Almeno qui, il buonsenso ha la meglio. Urla. Mi sento spaccare il braccio. Ma tengo duro. Non mollo. Il mio braccio a proteggere la Piccola. La vedo. È emozionata. Ride. È felice. Stringe i pugni. E poi applaude. E poi urla. E ride ancora. Ma non spinge. Le brillano gli occhi.
Metti che non doveva andare così. Scamarcio adesso è irraggiungibile. Possono spingere quanto vogliono, nessuna riuscirà a salire lassù. Le ragazze con cui parlavo prima, sono ancora accanto a me. Sono io ad essere quasi addosso a loro. Spingono anche me. E io finisco quasi addosso a loro. Ma per fortuna queste due non sono indemoniate come le altre. Non spingono e non si lamentano. Circa 7 minuti. Tanto è durato l’incontro col pubblico. Impossibile parlare. Bastava che Scamarcio avvicinasse il microfono alla bocca, che partissero urla disumane. Le facce del regista e degli attori sembravano incredule. Adesso, al sicuro dall’aggressione, ogni tanto riuscivano a sorridere. Più per la situazione assurda, che per divertimento. Increduli.
Metti dunque che, dopo qualche frase di circostanza, regista e attori abbandonino la sala attraverso una delle uscite di sicurezza. Scamarcio si sporge per toccare la mano a qualcuna. E qualcuna ci riesce. Beate loro. La Piccola non c’è riuscita. Forse per colpa mia. L’ho trattenuta. Era troppo lontana dalle mani di Scamarcio. Non ce l’avrebbe fatta. Così ho valutato. Avrebbe solo rischiato di beccarsi qualche gomitata. Non aveva la cattiveria per potergli toccare la mano. Non la cattiveria delle altre.
Metti che, per placare gli animi, decidano di iniziare subito la proiezione del film. E come faccio a vedere il film dalla seconda fila??? Tutto sudato! Devo raccogliere le giacche da terra. Cercare di capire qualcosa. Guardare in faccia mia Figlia! Vederle brillare gli occhi. Leggere sul suo volto la delusione per non aver potuto ottenere un autografo. Né una foto…
Metti che il ragazzo di prima, con un labbro mezzo spaccato per aver aiutato i bodyguard anche senza averne la prestanza fisica, accolga la mia richiesta. Facendomi così avere 2 biglietti omaggio per tornare al cinema con calma. Per poter finalmente vedere “Mio fratello è figlio unico”. Usciamo dalla sala. Mettiamo le giacche. Un po’ mi dispiace non aver visto il film insieme a quelle ragazze. Forse anche più di un po’. Ma sto già parlando coi poveri bodyguard, che a quel punto commentavano un po’ tristemente che erano troppo pochi, rispetto alla folla che c’era. E poi ancora con un giornalista. Che si lamentava del fatto che tutte quelle ragazzine non fossero lì per vedere il film, ma solo per Scamarcio. Gli ho detto che c’è da guardare anche il lato positivo. Che grazie a lui i cinema incassano e le ragazzine cominciano anche a leggere, seppur si tratti solo di libri di Federico Moccia… Intanto penso ancora a quelle ragazze.
Metti che poi ci incamminiamo verso casa. A piedi. Millefate mangia il suo panino. Io non ho fame, per il momento. L’indomani dirà a scuola che ha visto Scamarcio. Non le crederanno, perché non ha né autografo né foto insieme a lui. Ma abbiamo il video. Abbiamo le foto. Anche quelle in cui Scamarcio ha espressioni e pose che i giornali e le riviste solitamente scartano. Le crederanno, le dico. (Le hanno creduto, n.d.r.).
Metti che tragga le mie conclusioni. La Piccola è contenta. Scamarcio è bellissimo anche dal vivo. Lei ricorderà questo. Io invece ricorderò quella che continuo a definire una vera e propria aggressione nei confronti di un emergente attore italiano che deve ancora dimostrare il suo valore, oltre la bellezza. Aggressione, esatto. Non trovo altri termini o aggettivi. A nessuno fregava niente di quello che avrebbe detto o pensato. A tutte importava solo vederlo e toccarlo. E questa non si chiama, in altri contesti, violenza? E perché non chiamarla così anche in questo contesto? Violenza non è solo quando si ammazza qualcuno. Violenza è anche mettere a tacere le persone. Violenza è annullare le persone e trasformarle in oggetti o foto. Mi piacerebbe un giorno parlare con Scamarcio. Lontano dai riflettori, fumando una sigaretta. E poterlo giudicare. Fare una foto e farmi firmare un autografo. Ma sto passando dalla cronaca alla fantasia. Dalla cronaca di una violenta aggressione alla fantasia di contorni educati, pacati e silenziosi. Già. Impossibile. Via le fantasie. Rimane solo la cronaca. La triste cronaca di una foto mancata e di un autografo non ottenuto. A causa di assurde violenze. O che quantomeno io non riesco a capire…
Metti che tu abbia una Figlia di 10 anni che impazzisce per Riccardo Scamarcio. Da oggi chiamerò mia Figlia “Millefate”. È stata dura, ma alla fine abbiamo trovato un bel nick con la quale identificarla… Dunque, come potevo non cogliere l’occasione per far “incontrare” Millefate con Riccardo Scamarcio? Magari ci poteva scappare una foto o un autografo o niente di tutto ciò, ma comunque l’avrebbe visto “dal vivo”…
Metti che, dopo oltre un’ora e mezza di attesa siamo riusciti a comprare i biglietti per lo spettacolo unico che il cinema proponeva.
Metti che, tornati a casa per “rifocillarci”, dopo un’oretta siamo scesi nuovamente per tornare al cinema in modo da essere tra i primi ad entrare e per poter magari sederci nelle prime file, in modo da vedere più da vicino Scamarcio.
Metti che, attaccati al cordone d’ingresso, la gente arrivava sempre più numerosa, cominciando a spingere da dietro. Creando difficoltà agli addetti della sicurezza. E creando difficoltà ad un padre che voleva sì far vedere Scamarcio a sua Figlia, ma che non voleva certo che questa si facesse male!
Metti che improvvisamente decidono di far entrare e la gente (le ragazzine, sarebbe meglio dire) si fiondino come schegge impazzite all’interno della sala cinematografica. Perdo di vista Millefate, che era già al di là del cordone. Entro spingendo e spintonando, con gli occhi impazziti alla ricerca della mia Cucciola. Non la vedo. Un ragazzo richiama la mia attenzione. È il nipote dei proprietari del cinema, con cui avevo scambiato qualche parole durante l’attesa. Ha fatto sedere Millefate nel posto migliore, e tiene occupato un posto anche per me. Bene. Tutto sembra procedere bene, nonostante qualche apprensione. Siamo seduti a solo mezzo metro da dove Riccardo Scamarcio si posizionerà per colloquiare col pubblico. La Piccola è evidentemente contenta ed entusiasta. Si avvicina il momento in cui vedrà molto da vicino uno dei suoi idoli maschili.
Metti che mi guardi intorno. E quello che vedo sono ragazzine vestite come se dovessero andare a cena con Scamarcio. Ragazzine che si truccano, si guardano negli specchietti, tengono i telefonini pronti a scattare foto. Anch’io. Non mi trucco. Ma finalmente mi sento una persona e non più un attaccapanni con le gambe. Ho potuto poggiare su un seggiolino le nostre giacchette e lo zainetto. Millefate tiene in mano un poster ed un pennarello. Nella speranza di un autografo. Io mi sono armato di videocamera e fotocamera. Per non perdere nemmeno un istante. Nemmeno un istante di mia Figlia, se dovesse riuscire ad avvicinarsi. Farle una foto con Scamarcio. Questo, ora voglio.
Metti che l’attesa aumenti. Le urla pure. I minuti passano e sembra che ormai tutte abbiano trovato una collocazione all’interno del cinema. Chi più vicino, chi più lontano… Intanto, una sola canzone risuona all’interno della sala: Ma che freddo fa di Nada. Non nella versione originale, ma in quella rifatta nel 1998 col “Nada trio”: Nada, per l’appunto, Fausto Mesolella alla chitarra e Ferruccio Spinetti della "Piccola Orchestra Avion Travel" al contrabbasso. Una bellissima reinterpretazione. Ma sentirla 10, 20, 30 volte consecutive comincia a stancarmi… Per fortuna, sedute accanto a me due ragazze (non ragazzine) decisamente più pacate rispetto al resto della folla. Non urlano. Aspettano sì Scamarcio, ma con compostezza. Con impazienza sì, ma anche con intelligenza. Scambio qualche parola con loro. Scherziamo. Bene anche questo. Intanto la Cucciola comincia a mangiucchiarsi le unghie. È normale. È naturale. Sono contento.
Metti che finalmente arrivi Scamarcio. E, illuminato da un occhio di bue, faccia il suo trionfale ingresso. Che poi, non è arrivato solo Scamarcio, ma anche Luchetti e Germano. Ma non li caga nessuno. È arrivato Scamarcio e basta. Delirio. Urla. Trionfo. Movimento. Corsa. Assalto. Fiume umano. Fiume urlante. Fiume schiacciante. Tutte in piedi. Tutte verso Scamarcio. Tutte di corsa. Tutte pressano. Tutte spingono. Verso Scamarcio. Nessuna è più seduta. Scamarcio viene chiuso in un angolo. Chiede di stare calme. Calme. Piano. Qualcuno, impugnato il microfono, invita alla calma. A tornare ai propri posti. Perdo di vista mia Figlia, gettatasi nell’onda umana che punta dritto verso Scamarcio. È buio intorno a me. O forse non è buio. Ma l’occhio di bue crea quest’effetto. Vedo solo una luce bianca. La faccia di Scamarcio disgustata. Ecco la Piccola. La proteggo. Ho una fila di seggiolini tra me e Lei. Non so quale istinto non mi fa spegnere la videocamera. Forse perché voglio riprendere per lei il suo attore preferito. La mano sinistra continua ad impugnarla. La videocamera. La mano destra si aggiunge a quella dei bodyguard. Faccio cordone. Non per proteggere Scamarcio, ma per proteggere il sangue del mio sangue. La mia vita. Non posso permettere che si faccia male. Mai. Non se ci sono io.
Metti che intanto Scamarcio si arrampichi su quello che sembra un piccolo palco davanti allo schermo. Non è un palco. Avevano detto che non era agibile. Ma chi glielo dice a Scamarcio? Chi ha piacere e voglia di buttarlo nelle grinfie di queste ragazzine agguerrite e disposte a tutto pur di toccarlo?? Nessuno gli dice niente, infatti. Almeno qui, il buonsenso ha la meglio. Urla. Mi sento spaccare il braccio. Ma tengo duro. Non mollo. Il mio braccio a proteggere la Piccola. La vedo. È emozionata. Ride. È felice. Stringe i pugni. E poi applaude. E poi urla. E ride ancora. Ma non spinge. Le brillano gli occhi.
Metti che non doveva andare così. Scamarcio adesso è irraggiungibile. Possono spingere quanto vogliono, nessuna riuscirà a salire lassù. Le ragazze con cui parlavo prima, sono ancora accanto a me. Sono io ad essere quasi addosso a loro. Spingono anche me. E io finisco quasi addosso a loro. Ma per fortuna queste due non sono indemoniate come le altre. Non spingono e non si lamentano. Circa 7 minuti. Tanto è durato l’incontro col pubblico. Impossibile parlare. Bastava che Scamarcio avvicinasse il microfono alla bocca, che partissero urla disumane. Le facce del regista e degli attori sembravano incredule. Adesso, al sicuro dall’aggressione, ogni tanto riuscivano a sorridere. Più per la situazione assurda, che per divertimento. Increduli.
Metti dunque che, dopo qualche frase di circostanza, regista e attori abbandonino la sala attraverso una delle uscite di sicurezza. Scamarcio si sporge per toccare la mano a qualcuna. E qualcuna ci riesce. Beate loro. La Piccola non c’è riuscita. Forse per colpa mia. L’ho trattenuta. Era troppo lontana dalle mani di Scamarcio. Non ce l’avrebbe fatta. Così ho valutato. Avrebbe solo rischiato di beccarsi qualche gomitata. Non aveva la cattiveria per potergli toccare la mano. Non la cattiveria delle altre.
Metti che, per placare gli animi, decidano di iniziare subito la proiezione del film. E come faccio a vedere il film dalla seconda fila??? Tutto sudato! Devo raccogliere le giacche da terra. Cercare di capire qualcosa. Guardare in faccia mia Figlia! Vederle brillare gli occhi. Leggere sul suo volto la delusione per non aver potuto ottenere un autografo. Né una foto…
Metti che il ragazzo di prima, con un labbro mezzo spaccato per aver aiutato i bodyguard anche senza averne la prestanza fisica, accolga la mia richiesta. Facendomi così avere 2 biglietti omaggio per tornare al cinema con calma. Per poter finalmente vedere “Mio fratello è figlio unico”. Usciamo dalla sala. Mettiamo le giacche. Un po’ mi dispiace non aver visto il film insieme a quelle ragazze. Forse anche più di un po’. Ma sto già parlando coi poveri bodyguard, che a quel punto commentavano un po’ tristemente che erano troppo pochi, rispetto alla folla che c’era. E poi ancora con un giornalista. Che si lamentava del fatto che tutte quelle ragazzine non fossero lì per vedere il film, ma solo per Scamarcio. Gli ho detto che c’è da guardare anche il lato positivo. Che grazie a lui i cinema incassano e le ragazzine cominciano anche a leggere, seppur si tratti solo di libri di Federico Moccia… Intanto penso ancora a quelle ragazze.
Metti che poi ci incamminiamo verso casa. A piedi. Millefate mangia il suo panino. Io non ho fame, per il momento. L’indomani dirà a scuola che ha visto Scamarcio. Non le crederanno, perché non ha né autografo né foto insieme a lui. Ma abbiamo il video. Abbiamo le foto. Anche quelle in cui Scamarcio ha espressioni e pose che i giornali e le riviste solitamente scartano. Le crederanno, le dico. (Le hanno creduto, n.d.r.).
Metti che tragga le mie conclusioni. La Piccola è contenta. Scamarcio è bellissimo anche dal vivo. Lei ricorderà questo. Io invece ricorderò quella che continuo a definire una vera e propria aggressione nei confronti di un emergente attore italiano che deve ancora dimostrare il suo valore, oltre la bellezza. Aggressione, esatto. Non trovo altri termini o aggettivi. A nessuno fregava niente di quello che avrebbe detto o pensato. A tutte importava solo vederlo e toccarlo. E questa non si chiama, in altri contesti, violenza? E perché non chiamarla così anche in questo contesto? Violenza non è solo quando si ammazza qualcuno. Violenza è anche mettere a tacere le persone. Violenza è annullare le persone e trasformarle in oggetti o foto. Mi piacerebbe un giorno parlare con Scamarcio. Lontano dai riflettori, fumando una sigaretta. E poterlo giudicare. Fare una foto e farmi firmare un autografo. Ma sto passando dalla cronaca alla fantasia. Dalla cronaca di una violenta aggressione alla fantasia di contorni educati, pacati e silenziosi. Già. Impossibile. Via le fantasie. Rimane solo la cronaca. La triste cronaca di una foto mancata e di un autografo non ottenuto. A causa di assurde violenze. O che quantomeno io non riesco a capire…
E ora, in coda a questo lungo post, il video integrale di quanto accaduto. Per chi volesse andare direttamente su YouTube, l’indirizzo è questo: http://www.youtube.com/watch?v=7_ejYX3mu7k
Do per scontato, forse erroneamente, che chi legga disponga di una connessione adsl. Se così non fosse e si avessero quindi difficoltà per visualizzare il video, allora contattatemi. Vi proporrò metodi alternativi. Stessa cosa per chi volesse vedere il video in qualità migliore e con la possibilità di saltare con più facilità da un punto all’altro dello stesso. Magari presto ne proporrò una versione “edit”…